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domenica 15 giugno 2014

QUEL FILO SOTTILE

L'ho fatto un mese fa: ho firmato aderendo alla petizione per legalizzare l'eutanasia.
So che l'argomento divide, ma io parlo per me stessa, senza alcun intento di convincere nessuno, senza essere animata dal sostenere una crociata sul giusto o ingiusto, ma solo da quell'idea che qualcuno ha reso con le parole: "vedere scorrere il tempo e non potere afferrarlo con le dita".
La moglie di Piergiorgio Welby riferisce alcune parole che lui disse "“Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. "

Proprio questo non accetto: l'accanimento a voler mantenere attive delle funzioni biologiche. Alzino gli scudi, se lo vogliono, i credenti, ma io riesco a comprendere perfettamente le parole di Welby, affetto da distrofia muscolare. Io provo ad immedesimarmi in quell'uomo, nella sua quotidianità che non riesco a chiamare vita.
E mi dico che nessuno può imporre a nessuno come vivere e perché continuare a vivere. Io non posso immaginare che quella di Welby fosse vita, la penso come lui che sulla propria pelle affrontava ogni giornata. 
Lui sapeva cosa significa trascorrere nella totale immobilità i propri giorni ed io che cammino, mi muovo, viaggio, corro, vado in bicicletta, passeggio, tocco gli oggetti, saluto con la mano, abbraccio e accarezzo ... io non posso, in tutta coscienza, sostenere che non poter fare tutto questo sia giusto solo in nome del fatto che la vita è un dono che va vissuto così come ci viene porto. Io non posso sostenere che l'immobilità in un letto deve essere per forza accettata. Solo chi la vive, come l'ha vissuta lui, ha diritto di esprimersi sull'argomento.

Ed è per questo che ho firmato: per lasciare ad ognuno la libertà. 


https://www.change.org/it/petizioni/la-vita-%C3%A8-un-altra-cosa-eutanasialegale-welby

2 commenti:

  1. Visto che sia Martini che Woitila rifiutarono l'accanimento terapeutico, direi che la posizione della chiesa emerge ancora di più nella sua volontà di controllo sociale e di conservazione del potere.

    Tu povero pezzente no, noi io sì.
    Un po' come B. con la legge cofirmata con la Carfagna di "lotta alla prostituzione".

    Tu non puoi decidere sulla tua vita. Altrimenti il tuo potere non lo avrò io e io/noi saremmo un po' meno potenti.

    Tutta robaccia incoerente.
    Anche solo da questo punto di vista è ciarpame indegno.

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    1. Io, come ho scritto, non sono animata dal voler convincere nessuno, ma il punto è proprio in quanto hai scritto "poter decidere della tua vita".
      Non ci sono leggi che possano impedirtelo e chi ha fede e crede che si debba "vivere" anche in quel modo, buon per lui che ha quella forza (che io preferisco chiamare rassegnazione). Ma nessuno ha il diritto di impormi come devo sopravvivere immobile in un letto con tubi attaccati ecc. La mia vita è mia e devo aver la libertà di porre fine quando sento che non riesco più ad accettare tubi e immobilità.

      Ho visto di tutto nei reparti rianimazione e ti assicuro che quando vidi il polmone di acciaio, crollai pensando a che vita può essere quella trascorsa lì dentro, senza mai vedere il sole, fare un movimento, ecc. Piansi non so quante lacrime nel vedere quella persona che manco sapevo chi fosse.
      Sono forse spietata nell'affermare che forse tutti quelli che così calorosamente difendono la vita (che io chiamo sopravvivenza) ad oltranza, prima di parlare dovrebbero essere ficcati per almeno un anno dentro ad un polmone di acciaio e poi ne riparliamo quando se ne escono.

      Sì, è ciarpame indegno voler disporre dell'esistenza degli altri. Già dispongono della nostra banale quotidianità ... che si accontentino di quella: é fin troppo !!
      Ciao, buona serata :). Marilena

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