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lunedì 16 giugno 2014

PROFESSORI VS. STUDENTI

E' successo il novembre scorso a Civitanova Marche (MC): una professoressa ha tagliato qualche ciuffo di capelli a 3 studenti del secondo anno delle superiori. Pare che la prof. avesse preavvisato studenti e genitori, che sarebbe arrivata a metodi poco ortodossi qualora non venissero rispettate le regole in classe. 
Per i diversamente giovani come me, la notizia fa sorridere, perché pur non avendo io vissuto negli anni in cui gli insegnanti si aggiravano tra i banchi con il righello peggio dei boia della santa inquisizione, ho pur sempre vissuto negli anni turbolenti dove esisteva la rivolta degli studenti e una certa bacchettona rigidità degli insegnanti.
Anche io frequentavo le superiori quando successe quel che successe. La mia prof. di matematica era la signorina P. Alta, secca, capelli bianchi, claudicante, gli occhialini sulla punta del naso. Non sorrideva mai. La mattina, prima di entrare in scuola, andava nella chiesa di fronte, non senza aver lanciato a noi - schiamazzanti adolescenti radunate nel piccolo bar lì vicino - il suo sguardo di disprezzo per le nostre minigonne inguinali. 
Io in particolare ero il suo bersaglio; durante le lezioni mi coinvolgeva di continuo, ero sempre la più interrogata fra tutte. 
Foto presa dal web
Cominciai a detestarla e con lei la matematica. Il mio rendimento scolastico ne risentì al punto che i miei genitori mi fecero "esaminare" da un loro conoscente ingegnere il quale, dopo avermi spremuto, sentenziò che ero perfettamente in grado di comprendere la matematica, anzi !, e quindi non si spiegava il perché dei miei voti in continuo declino. 
Una mattina la prof. P. mi mandò alla lavagna e iniziò la sua lezione con me che dovevo seguirla con gesso alla mano. Dopo più di un'ora, in piedi a scrivere, avevo il braccio dolorante e le chiesi per cortesia di sostituirmi. Si rivolse a me con un ghigno ironico e mi disse con voce stridula che sarei rimasta lì fino al termine delle sue lezioni (ossia per un'altra ora). 
E lì scattò la mia anima di ribelle che rifiuta le briglie che sanno di sopruso e le lanciai gesso e cancellino centrandola in mezzo agli occhiali. Dopodiché andai a sedere al mio posto non prima di averle detto "ma vada al diavolo !!", che per una che andava in chiesa tutte le mattine era il massimo dell'offesa.
Finii in presidenza e fu chiamato mio padre. La Preside, sentite le varie testimonianze, comprese che il mio atto era sì eccessivo, ma che la prof. aveva abusato e lo stava facendo da lungo tempo. Non fui sospesa e me la cavai con una ramanzina (mio padre al contrario mi disse - davanti alla preside -: "la prossima volta tirale anche una sberla che fa più male del cancellino"). 
Per mia fortuna l'anno dopo le lezioni di matematica le tenne il prof. B.
Con lui, la mia media in matematica si alzò ad 8, ma a me è sempre rimasto dentro un sano odio per la matematica e la evito come la peste. 
In una classe, l'insegnante si aspetta di essere ascoltato. Lo studente pure. Ernest Abbé, Dell'educazione, 1996