Translate

domenica 22 marzo 2015

CIAO MAMMA

Quando Mamma mi fece vedere per la prima volta la foto del collage mi arrabbiai. "Perché devi sempre parlare di queste cose?". Non sopportavo l'idea che una donna come mia Madre pensasse al giorno in cui non ci sarebbe più stata. Ma d'altra parte... era MIA MAMMA! Poi però ho capito. Ho capito lo spirito con cui aveva pensato a quel post, che in fondo è lo stesso con cui ha intrapreso questa avventura del blog: parlare di tutto ciò che le passasse nella testa e farlo con la stessa verve che la animava... e di pensieri, passioni, ricordi, desideri ne aveva a centinaia. "Chissà se ce la farà, chissà quanto durerà questa mania", pensavo. Ed invece questa "mania" è durata, è maturata nel tempo, nel corso dei mesi e così come attentamente e sapientemente coltivava i semi del suo orto anche sul blog i primi germogli iniziavano a vedersi. E contemporaneamente scoprivo ogni giorno una sfaccettatura di quella splendida persona che era mia Madre. Mi raccontava spesso aneddoti sul suo passato, le sue avventure, le sue passioni, i suoi amici, su gioie e dolori di una vita trascorsa dedicando ogni singolo giorno a far di tutto per regalarmi una vita migliore. E il blog divenne così anche per me un modo per ricordarmi (come se fosse necessario!) i motivi per cui mia Mamma era la numero 1 al mondo per me.

Poi succede che un giorno di giugno che difficilmente dimenticherò arriva una notizia che ti comunica che la tua vita non sarà più la stessa. Devi cambiare abitudini. Adattarti. Ma non lei. Ha sempre avuto uno spirito libero, una forza di volontà superiore alla norma che le ha permesso di passare sopra (seppur subendo ferite dolorosissime cicatrizzate a fatica) a moltissime situazioni difficoltose nella sua vita. E con lo stesso spirito battagliero ha deciso di combattere questa sfida che le si è posta davanti, pur sapendo che forse questa volta la sfida era troppo grande. Anche per la super donna che è sempre stata. Ma non si è M-A-I persa d'animo, tra lo stupore di amici, ex colleghi, parenti... e il mio.
Ho vissuto accanto a lei gli ultimi 8 mesi infernali, provando a fronteggiare la malattia che ha costretto Mamma a spegnersi lentamente, ogni giorno di più. Ogni giorno abbiamo riso, scherzato, pianto, gioito e ci siamo arrabbiati, come se la vita non ci avesse riservato un trattamento così crudele. Nel giorno del suo compleanno, il 28 gennaio, abbiamo spento le candeline, fatto le foto, sorriso. Forse il suo "canto del cigno". Perché pochi giorni dopo le forze sono definitivamente venute a mancare.

E la Mamma, il 1 febbraio, si è spenta.

E' passato ormai più di un mese da quel giorno ed ogni giorno ho provato a pensare a cosa scrivere per dare una conclusione a questo blog, che con lei si interrompe. E come lei non cesserà mai di esistere, nel mio cuore, nella mente di tante persone che hanno incrociato il proprio destino con quello di Mamma tra le quali anche voi, qui in rete. Ho deciso di farne un libro da conservare come ulteriore memoria della persona più importante della mia vita. E quel collage, alla fine, sono riuscito a completarlo: ho messo una foto dell'ultimo viaggio fatto insieme, quello che custodirò più gelosamente tra le mie memorie perché è l'ultimo, spensierato, vero.
Chiudo l'ultimo post di questo blog con un piccolo estratto di uno dei video che aveva girato di noi, che racchiude nella sua semplicità tutto ciò che ci legava. E così come nel video te lo dico anche sul tuo amato blog:

CIAO MAMMA, TI AMO INFINITAMENTE.
















lunedì 17 novembre 2014

PICCOLI FIGLI CRESCONO


Mi è capitato tra le mani un foglio spiegazzato e ingiallito dal tempo che mi dedicò mio figlio quando era piccino, che intitolò "Descrizione della mamma".

Uno zuccherino dolcissimo con quelle parole così ingenue ....  io, la mamma che pur sapendolo in punizione, gli allungavo le figurine di nascosto.  
Ed ero la mamma preziosa che portava orecchini giganti e spille appuntate sulla maglia.

Mi sono fatta una tenera risata dopodiché ecco che mi spunta tra le mani il foglio che mi scrisse mio figlio per i miei 50 anni: quei famosi 50 che mi rifiutavo di compiere, quelli per cui minacciai tutti di ignorarmi di fingere nulla. Non volevo pronunciare 50.

Niente più scrittura a mano incerta e scomposta, ma un foglio stampato dove, con mica tanto sottile ironia, si propone un festeggiamento modello "ospizio" (Villa Ranuzzi è una casa per anziani) con invito alla frizzante clientela di lasciare a casa flebo e affini per non intralciare il passaggio ai camerieri (segue firma con errore ortografico a convalida del rimbambimento della scrivente direzione dell'ospizio).

Risi di cuore quando lo lessi (gli tirai anche un cazzotto affettuoso sul bicipite).
Piccoli figli crescono e cambiano il loro linguaggio .... 
Ma, e sono orgogliosa di dirlo, al di là del linguaggio ingenuo o scanzonato, tenero o ironico, c'è un linguaggio che non cambia ed è quel linguaggio che continuo a sentire anche oggi da mio figlio quando si rivolge a me ed è il linguaggio dell'AMORE. 

martedì 11 novembre 2014

Ridatemi la SAMPIRA

Se è vero che piove sul bagnato, su di me diluvia. Ora si è pure rotto il Pc e sto scrivendo da un tablet (che non so usare), che mi hanno prestato per qualche giorno. Non so cosa aspettarmi ancora nell'elenco delle sfighe che da mesi mi perseguitano. E mi sento ripetere "fatti benedire dalla Sampìra".
I bolognesi sanno bene di cosa si parla.
Germana Prosperi nacque nel 1835 ed erano molte le persone che "si facevano segnare" da lei. Sampìra è una parola derivata da come in dialetto bolognese veniva chiamata la strega (strejja) della zona. La si riteneva bravissima a togliere il malocchio ed era pure in grado di individuare chi l'avesse lanciato. E lo faceva molto semplicemente: faceva sdraiare l'ammalato su un letto dopo aver posto una bottiglia d'acqua chiusa sotto la sua schiena.
Pare che così facendo la Sampìra fosse in grado di vedere il volto di colui che  aveva mandato il malocchio.
Ma la Sampìra era anche di più: faceva parte della misteriosa setta dei Benandanti, una sorta di stregoni buoni che facevano parte dei culti agrari già dal 1600. Girovagavano per le campagne, propiziavano i raccolti e combattevano i malefici e le stregonerie.
Erano coloro che erano nati nel sacco amniotico, quelli che ancora oggi vengono definiti "nati con la camicia", i fortunati, i privilegiati. E qui nella nostra terra si attribuiva loro il potere di "segnare" tutti i mali.
La levatrice, o la stessa mamma, provvedeva dopo il parto a conservare una piccola parte della placenta che nei mesi successivi veniva benedetta e posta in un sacchettino da appendere al collo del neonato come amuleto.
Ma alla Sampìra oltre al sacchettino contenente la placenta, venne destinato tutto il "velo" che venne tenuto nascosto in un nascondiglio segreto e che sua madre le rivelò solo in punto di morte.
E se è vero che spesso, a torto o a ragione,  sacro e profano si mischiano, dall'amuleto con la placenta si può risalire al "brevino" che viene donato ai neonati nel giorno di S.Liberata. È un minuscolo cuscinetto di tela imbottito con un po' di cera benedetta, una foglia d'olivo e un frammento di libro di messa.
Il brevino me lo hanno regalato qualche giorno fa; non sono neonata ma in fondo è come fossi rinata. Ma avevo già ricevuto di tutto: dal gufetto al cuoricino al cornetto ai santini alle frasi beneauguranti,  ecc.
Ma evidentemente non bastano: ho bisogno della Sampìra, o meglio ho bisogno della sua erede.
Ma in questa tradizione bolognese è rimasto purtroppo solo il modo di dire e nessuno sa se oggi esiste ancora una Sampìra in grado di sconfiggere tutti i mali.



mercoledì 5 novembre 2014

GIALLO, ROSSO E DOMANDONE

Prendi una strada che è lì dai tempi della colonizzazione romana della Pianura Padana: la Via Emilia.
Prendi che tu in un certo punto della Via Emilia sei abituata da 40 anni a vedere 2 semafori.
Ora prendi quella mattina che ti alzi, arrivi in quel punto e resti interdetta perché quei semafori sono cambiati.
Beh, suvvia, il mondo cambia e quindi cosa c'è di strano se ti hanno cambiato quei semafori ? Sarà certamente perché abbiamo modernizzato.
Ecco, questo è il punto: io li guardo e li riguardo e non capisco.

I vecchi semafori non sono stati rimossi, sono ancora lì cementati, li hanno semplicemente "girati" spegnendoli.
Il nuovo semaforo dal lato della farmacia: è stato montato nel bel mezzo del marciapiede, comodissimo per obbligare allo slalom i pedoni, ancor più comodo per le carrozzine che non avranno possibilità di transitare alla sua destra e faranno doppio slalom e sicuramente graditissimo al negozio che se lo ritrova appiccicato alla sua vetrina con conseguenti difficoltà pure a svolgere il tendone che, scendendo, striscia contro il semaforo. 
Ma ancor di più incomprensibile per me: il nuovo semaforo è stato montato in posizione arretrata e rientrante rispetto al precedente, quindi arrivando in auto con semaforo rosso, devi fermarti qualche metro prima se vuoi avere la grazia di veder scattare il verde.



E poi c'è il semaforo sul lato opposto: stesso discorso per il vecchio (lasciato, capovolto e spento), mentre il montaggio del nuovo è stato eseguito facendolo aderire alla parete di un palazzo. E per chi arriva in auto vale il discorso di fermarsi qualche metro prima per poter vedere scattare il verde.


Ebbene, io non ho assolutamente alcuna esperienza di semafori, è un mondo che non ho mai esplorato, ma come pedone e come guidatore, quell'esperienza ce l'ho, eccome se ce l'ho.
E se mi chiamassi Fantozzi, direi che quei semafori sono una "cagata pazzesca". 
So che da anni si parla di semafori intelligenti, si testano nuovi modelli che pure ti fotografano, ecc. ma qui si tratta banalmente di installare dei semafori in grado di essere agevolmente al servizio di chi transita. 
Forse qui a Bologna abbiamo nostalgia delle boiate fatte per il Civis (certi restringimenti di strade che se per caso arriva un'ambulanza, l'autista deve avere 7 buchi nel naso per riuscire a passare, o marciapiedi in mezzo alle carreggiate che hanno trasformato vie larghe in vicoli più stretti delle calle di Venezia), ma quando assisto a queste ingegnose trovate io mi interrogo.
Domandone: ma, per caso, i prossimi semafori li installeranno dentro ai negozi o ai condomini, così magari pagheremo pure una tassa per ospitarli ? Boh !

domenica 2 novembre 2014

GIORNATE QUALUNQUE

E la vita scorre e le giornate si susseguono, giornate qualunque. 
Poi arriva quella mattina che finisci in ospedale, non importano i dettagli, non  importano i particolari. Ma ti dicono che devono ricoverarti e allora sali al 4° piano e ti ritrovi in quel letto, davanti ad un muro dipinto di azzurrino e con una finestra a lato con la tenda gialla.
Ti devono inserire un aggeggio in corpo, un'operazione banale, niente tagli, niente di chirurgico, una sedazione lieve. Lo fanno abitualmente, una manovra qualunque, in una giornata qualunque. E tu vai tranquilla, poi ti riportano in stanza e poi ... e poi succede che medici ed infermieri iniziano a circondarti ... c'è qualcosa che non va .... il respiro si affanna ... Tu non senti più nulla di ciò che succede attorno. Arrivano i medici della rianimazione, ma non serve intubare ed attaccare alle macchine, bisogna solo aspettare l'ultimo respiro.
L'ultimo respiro.
Era per me una giornata qualunque ed invece improvvisamente si era trasformata nell'ultima giornata della mia vita. Passano le ore, la notte comincia a schiarirsi per lasciar posto all'alba e, nessuno ancora sa perché, improvvisamente ho ripreso conoscenza, il respiro si è normalizzato.
Tutto questo succedeva 15 giorni fa. Da quella notte in cui i miei affetti ed i miei amici sono arrivati per l'ultimo saluto, mi sono ripresa; sono rimasta sospesa in un vuoto per diversi giorni in cui ho dormito stordita e semi-incosciente e poi sono lentamente tornata. Non ricordo nulla, non ho avuto visioni, non ho visto fasci di luce bianca, non ho provato sensazioni di pace. Ho solo la sensazione del vuoto e mi chiedo dove ero.
E mi chiedo perché ero partita per quella destinazione e cosa è successo dopo quando evidentemente qualcuno lassù ha deciso di concedermi ancora tempo, di concedermi ancora qualche giornata qualunque.
Sto riaffacciandomi alla vita, sono qui in ospedale con il mio PC che è un modo per ricollegarmi con il mondo (rete ospedaliera permettendo)... non so quanto resterò, non so che mi succederà, sto intanto riacquistando le forze motorie perse nei 15 giorni di letto. 
Ho voglia di un caffè e di una sigaretta.
Ho voglia di sapere perché me ne stavo andando, vorrei capire come si misura la fragilità della vita, ho voglia di sapere perché sono tornata.      

mercoledì 15 ottobre 2014

RICETTA: TORTELLONI VERDI

Altro piatto della tradizione locale: i TORTELLONI.
La ricetta tradizionale prevede la classica sfoglia bianca ripiena con ricotta e prezzemolo legati con un uovo; erano la versione di magro dei tortellini, ideata dalle massaie bolognesi allo scopo di rispettare i divieti religiosi, senza rinunciare ai piaceri della tavola.
Ma ovviamente nel tempo e con la fantasia, si sono moltiplicate le varianti che si possono fare a proprio gusto tanto il piatto è versatile (ed ovviamente gustosissimo !!).
La sfoglia io continuo a stenderla ("tirarla" nel gergo locale) con il mattarello; non ho mai voluto acquistare la macchina per la pasta perché in famiglia non amiamo la sfoglia liscia che si ottiene con la macchina e che abbiamo l'impressione che scivoli in bocca come non deve essere. 





Ingredienti (per 2-3 persone): 200 gr di farina 0 - 1 uovo -  60-70 gr di bieta (o spinaci) - 200 gr di ricotta - 150 gr di prosciutto cotto
(a piacimento si può aumentare la quantità del prosciutto per una farcia più ricca)

Far lessare la bieta (o gli spinaci), strizzarla e triturarla nel mixer. 
Preparare la farcia come segue: tritare finemente il prosciutto cotto (lo si può fare con il mixer) e amalgamarlo bene con la ricotta fino ad ottenere una mousse. Tenere da parte.
Versare sul tagliere la farina a fontana e all'interno mettere l'uovo sbattendolo con una forchetta. Aggiungere la bieta (o gli spinaci) e iniziare ad impastare.
Formare una palla e iniziare a stendere la sfoglia con il mattarello.
Stesa bene la sfoglia tagliare dei quadrotti all'interno dei quali verrà messa la farcia. Chiudere il tortellone e posizionarlo ad asciugare.
Far bollire l'acqua in una pentola, versare i tortelloni che verranno a galla quando quasi cotti. Scolare e condire con burro (o eventualmente scolarli un po' in anticipo e ripassarli in padella aggiungendo panna da cucina) e una spruzzata di parmigiano.

Riporto il consiglio che diedi a suo tempo per i tortellini per non far seccare la sfoglia: se non si va in velocità, nel chiudere i tortelloni, purtroppo la sfoglia diventa secca e quindi impossibile da chiudere. Un sistema per conservarla bene (anche fino al giorno dopo) è di dividere l'impasto. Si può mettere una parte dell'impasto in un sacchetto (quelli da congelatore), richiuderlo bene con un nodo stretto e riporre in frigorifero. 
L'impasto della sfoglia così conservato sarà soffice anche il giorno dopo e si riuscirà a stendere facilmente la sfoglia.

martedì 14 ottobre 2014

ANZIANI

Se dovessi descrivere le mie capacità di osservazione credo che mi dovrei definire "affetta da disturbo bipolare". 
Ci sono giorni che giro incurante del mondo che mi circonda, non vedo nulla e nessuno e se incrocio qualcuno che conosco mi deve battere una mano sulla spalla perché io lo riconosca e ci sono giorni che osservo con minuzia paranoica tutto ciò che mi circonda cogliendo dettagli e particolari, anche andando oltre con l'immaginazione che mi spinge a chiedermi il perché di un viso corrucciato piuttosto che di un sorriso.
Quando mi trovo in questo secondo "stato di grazia" mi piace osservare gli anziani, studiare le loro rughe del viso e delle mani, cercare di immaginare come erano da giovani. Li guardo nei loro lenti movimenti e in quella che non saprei come meglio definire se non "pacifica indifferenza". 
Quando siamo giovani vorremmo che tutti ci ammirassero, che si accorgessero di noi; è dal consenso altrui che rinsaldiamo la fiducia in noi stessi. Cerchiamo l'approvazione altrui per fare carriera, per allargare la cerchia degli amici, per trovare un nuovo amore. Per gli anziani è diverso: oramai sono quel che sono, nel bene o nel male. Il giudizio altrui è marginale e qualunque esso sia non li danneggia perché loro la partita della vita se la sono già giocata e non devono più affannarsi a dimostrare quanto valgono.
Ecco perché cerco nei loro occhi, nelle loro espressioni, nelle loro rughe la storia di quella vita che si sono lasciati alle spalle.


Sul tavolino da notte di una vecchia signora rico­verata in un ospizio per anziani, il giorno dopo la sua morte, fu ritrovata questa lettera. Era indirizzata al­la giovane infermiera del reparto.
«Cosa vedi, tu che mi curi? Chi vedi, quando mi guardi?
Cosa pensi, quando mi lasci? E cosa dici quando parli di me?
Il più delle volte vedi una vecchia scorbutica, un po’ pazza, lo sguardo smarrito, che non è più completamente lucida, che sbava quando mangia e non risponde mai quando dovrebbe.
E non smette di perdere le scarpe e calze, che docile o no, ti lascia fare come vuoi, il bagno e i pasti per occupare la lunga giornata grigia.
È questo che vedi!  Allora apri gli occhi.  Non sono io.  Ti dirò chi sono.
Sono l’ultima di dieci figli con un padre e una madre.  Fratelli e sorelle che si amavano. Una giovane di 16 anni, con le ali ai piedi, sognante che presto avrebbe incontrato un fidanzato. Sposata già a vent’anni.
Il mio cuore salta di gioia al ricordo dei propositi fatti in quel giorno.
Ho 25 anni ora e un figlio mio, che ha bisogno di me per costruirsi una casa.
Una donna di 30 anni, mio figlio cresce in fretta, siamo legati l’uno all’altra da vincoli che dureranno. Quarant’anni, presto lui se ne andrà.  Ma il mio uomo veglia al mio fianco.
                                                                                                                      Cinquant’anni, intorno a me giocano daccapo dei bimbi. Rieccomi con dei bambini,                                                                                                                          io e il mio diletto.
                                                                                                                      Poi ecco i giorni bui, mio marito muore. Guardo al futuro fremendo di paura, giacché                                                                                                                       i miei figli sono completamente occupati ad allevare i loro. E penso agli anni e                                                                                                                                 all’amore che ho conosciuto.
                                                                                                                      Ora sono vecchia.
                                                                                                                      La natura è crudele, si diverte a far passare la vecchiaia per pazzia. Il mio corpo mi                                                                                                                         lascia, il fascino e la forza mi abbandonano.  E con l’età avanzata laddove un tempo                                                                                                                         ebbi un cuore vi è ora una pietra.  Ma in questa vecchia carcassa rimane la ragazza il                                                                                                                       cui vecchio cuore si gonfia senza posa.  Mi ricordo le gioie, mi ricordo i dolori, e                                                                                                                              sento daccapo la mia vita e amo.
                                                                                                                     Ripenso agli anni troppo brevi e troppo presto passati. E accetto l’implacabile realtà                                                                                                                         “che niente può durare”.
                                                                                                                     Allora apri gli occhi, tu che mi curi, e guarda non la vecchia scorbutica…
                                                                                                                                          Guarda meglio e mi vedrai». 

lunedì 13 ottobre 2014

BOLOGNA SI DISTINGUE

Bologna è una piccola città rispetto ad altre città italiane che sono sempre state sotto le luci dei riflettori, ma pare che ci stiamo dando veramente da fare perché si parli di noi.
Avevo già scritto a proposito del fatto che siamo balzati in cima alla classifica per FURTI in appartamento (un tristissimo primato, anche perché di recente stiamo assistendo anche alla violenza gratuita: entrano, ti riempiono di botte e ti derubano. E anche se sei un'anziana indifesa di 90 anni ti malmenano gonfiandoti come una zampogna; non solo ladri ma carogne immonde).


Ed ora leggo che abbiamo un altro primato: la città con le tasse più alte.

Così, tanto per gradire ... quel po' che ti lasciano dopo che ti hanno depredato casa, lo versi al tuo Comune che ne fa sicuramente buon uso per i servizi al cittadino.
Perché a questo servono, vero ?

Più correttamente, diciamo che a questo dovrebbero servire, ma siamo in tutt'altre faccende affaccendati e quei danari vengono impiegati in ben altro modo.
C'è una canzone di Dino Sarti che dice "il bolognese ospitale, cordiale se non ci infila un bel soc'mel, ma che bolognese è?"
Beh, ecco: SOC'MEL Bologna quando è che ti sveglierai !!


http://www.thrillist.com/eat/nation/the-world-s-best-food-cities
Meno male che almeno una buona notizia c'è: siamo l'unica città italiana ad essere entrata nella classifica della rivista culinaria americana Thrillist. Siamo al 2° posto della graduatoria mondiale tra le città in cui si mangia meglio.
Chiaro che classifiche come questa possono suscitare discussioni, ma io prendo il buono che c'è: quella tradizione che ancora resiste in questa città e che ha la capacità di attrarre i palati, anche quelli internazionali.  Quel "Bologna la grassa" resta, almeno fino a quando non ci faremo sopraffare dalla mania esterofila (eufemismo per indicare ben altro fenomeno in corso) e cambieremo gli ingredienti del nostro ragù o rinnegheremo l'amato tortellino.  

venerdì 10 ottobre 2014

MORTADELLABO'

mortadella bologna
E' iniziata ieri la kermesse MORTADELLABO' che proseguirà fino a domenica prossima. 
mortadella bolognaSono andata a curiosare e, se anche può sembrare incredibile, la prima cosa che mi ha colpito è stato il profumo della mortadella che aleggiava nella Piazza. Mi sembrava strano che in un luogo così ampio, all'aperto, quei gazebo che straboccavano di mortadelle lasciassero emanare tutti gli aromi di questo salume, vanto del nostro territorio.
mortadella bologna

Bella la cornice creata, dove tutto richiama il colore rosa della mortadella, dai gazebo ai tavolinetti, dalla ragazza vestita da sposa-mortadella ai grandi dadi creati per giocare sulla piazza al gioco della cuccagna.

In occasione dell'inaugurazione c'era Davide Mengacci che registrava una puntata sulla manifestazione (se mi hanno fornito l'informazione corretta sarà trasmessa in novembre su Rete 4). E così mi sono attardata a guardarlo mentre riprendevano e mentre lui leggeva sul gobbo ciò che doveva dire. Ho comunque notato che non si è porto al pubblico con cordialità, sembrava molto distaccato, quasi infastidito, ben lontano dal personaggio alla mano che siamo abituati a vedere in TV. 
Ma, buon per lui, nessuno ha spasimato e il pubblico, alla fin fine, non se lo è filato.
mortadella bologna
Simpatico il momento in cui, in un angolo della piazza hanno farcito, con la mortadella tagliata sul momento, una maxi-rosetta di 120 cm, sfornata sul momento e offerta poi al pubblico.
mortadella bologna
Una golosa manifestazione che Bologna dedica a questo salume, nato povero ma che ha trovato lustro nel tempo. Ad oggi si producono 38 milioni di Kg di mortadella IGP di cui il 10% per l'esportazione.
Anche gli americani la amano (di solito la abbrustoliscono sulla piastra come fosse un wurstel ... de gustibus ..), anche se tuttora capita che in dogana non la fanno passare proprio come ai tempi del film di Monicelli "La mortadella" - ma si può sempre fare come Sophia Loren e, piuttosto che lasciarla lì, la si mangia tutta -.
In Italia, dicono le statistiche, è il 2° salume più mangiato e va sfatato il mito che sia ipercalorica: 2 fette di mortadella sono meno di 100 calorie ... come una banana.
mortadella bologna

Una piccola curiosità: questa mortadella, nata povera e popolare, spinse un'officina di Bologna a dare i natali nel 1873 alla prima affettatrice. Luigi Giusti fu l'inventore di una macchinetta a manovella nel suo piccolo locale in Via S.Giuseppe (dietro l'Arena del Sole).


mortadella bologna

mortadella bologna











E comunque messere mortadella, rosea con le sue lentiggini bianche, dentro ad una bella pagnotta appena sfornata (si sente il profumo dalla foto ??) non ha niente da invidiare al blasonato prosciutto di Parma.

mercoledì 8 ottobre 2014

UNA CANZONE PER IL GOVERNO

Quotidianamente si versano fiumi di parole per le iniquità e la disastrosa situazione in cui versa questa nostra Italia.
Non voglio aggiungere parole, perché tutti hanno già detto tutto.
Voglio fare un salto nel passato quando nacquero le Radio Libere che tramite la loro voce "casalinga" volevano comunicare liberamente. E tra un commento e l'altro imperversavano le dediche, quelle un po' ingenue: "da Mario a Silvana con tanto love" "per Giulia un mondo di auguroni cari dalle zie Teresa e Luigina" inframezzate dalla pubblicità del salumiere dell'angolo.
Ecco, anche io voglio fare una dedica casalinga al nostro Governo scegliendo una canzone molto vecchia, ma che secondo me calza a pennello.
Una canzone semplice che contiene però un monito: caro Governo per il tuo popolo non compri mai balocchi ... tu compri soltanto i profumi per te, ma a nulla servirà regalare i balocchi ad un popolo che agonizza e il capo già reclina socchiudendo gli occhi (ammesso che nel frattempo balocchi e profumi non finiscano, visto che la vetrina non è più così sfolgorante).  


  

martedì 7 ottobre 2014

GIOVENTU' BRUCIATA

C'è stato un momento della mia vita in cui osservavo le nuove generazioni e provavo un po' di invidia. Paragonavo la loro adolescenza alla mia, quando potevo partecipare alle gite scolastiche purché fossero di un solo giorno perché i miei mi volevano "al sicuro" nel mio letto la sera, quando avevo l'orario di rientro fissato a mezzanotte come Cenerentola, quando mi truccavo di nascosto una volta uscita di casa e se mi invaghivo di qualcuno era un amore rigorosamente clandestino che non potevo nemmeno palesare con i cuoricini sul diario di scuola perché mamma mi avrebbe sgamato.
Guardavo con una punta di invidia queste ragazze a cui si concedevano le 3 di mattina in discoteca, truccate e agghindate e pronte al week-end con il fidanzatino di turno in attesa poi di prendere un qualche volo low-cost che le portava oltre oceano con il secondo o terzo fidanzatino di turno.
Ma a ben guardare: dove sono arrivate queste nuove generazioni con tutte le libertà concesse ?
Di libero non hanno proprio un bel niente, non conoscono il valore di ciò che hanno perché non hanno provato la fatica di doverlo desiderare.

Non mi stupisce che non siano in grado di comunicare tra di loro. Per noi la discoteca era quella della domenica pomeriggio, agognata tutta la settimana ed era il momento in cui esplodeva la nostra voglia di fare gruppo; per loro la discoteca è tutta la settimana, è una passerella dove mostrarsi, è alcool da ingurgitare per stordirsi insieme alla musica assordante che impedisce di parlare. 
Una grande solitudine.
E con gli anni si sono moltiplicati i siti dove fare amicizia, quelli per cuori solitari, le chat e adesso ci mancava pure quello che ho visto in giro ...
Un parigino sta avviando il progetto di un badge per invitare le persone a parlarsi sulla metropolitana; un distintivo per far comprendere agli altri che sei disponibile. Alexander Allouche è il nome del ragazzo che propone di appuntarsi questa spilletta perché ha constatato quanto è difficile comunicare e lui stesso "avrebbe tante volte voluto parlare con qualcuno ma non l'ha mai fatto per timore di essere scambiato per pazzo".

Mi dà i brividi ... lo so sono esagerata nell'affermazione che sto per fare, ma mi ricorda tanto un passato di chi doveva indossare un triangolo o una stella sulla giubba o sui pantaloni. Come dire che siamo sulla strada di auto-marcarci ... fino a quando avremo un numero di matricola impresso sul braccio.




E se per caso non bastasse, pure i bollenti spiriti vengono guidati ed è il Dna che può dire se 2 persone sono compatibili. Si sono mobilitate 2 aziende (Instant Chemistry e SingldOut)  che sciolgono qualsiasi dubbio. Conoscersi online non permette di annusarsi, di comprendere se può scoccare la scintilla passionale. Ed allora basta sottoporsi all'esame del DNA: Kit per il prelievo della saliva da spedire all'azienda che nel giro di una settimana ti dice se siete eroticamente compatibili. 
Un amore che nasce da uno sputacchio !




Cari ragazzi, avrete pure i cellulari, gli smartphone, gli i-phone, i tablet, i voli low-cost, ma credetemi: non baratterei nulla della mia passata giovinezza, nemmeno gli innocenti brividi di un ballo su una mattonella o il sapore della cedrata ora demodè, con tutte le vostre moderne ed evolute vite (se evolute si possono definire).
Che ve ne fate di tutti questi mezzi di comunicazione se poi per comunicare dovete appuntarvi una spilla e per sapere se uno può darvi i brividi dovete sputare su un tampone ?

lunedì 6 ottobre 2014

TRENITALIA: un nome, una garanzia

Stazione di Bologna
Ma chi l'ha detto che il mondo cambia continuamente ? Che bisogna guardare avanti per stare al passo con i tempi ?
Ci sono tradizioni granitiche che resistono. Esempio: i treni e tutto il loro corollario di stazioni e passeggeri.
Ho preso un paio di treni in questi giorni e ritrovo sempre le vecchie (e non tanto care) abitudini, tutto come un anno fa o 10 anni fa. 

La stazione: al di fuori trovi sempre mendicanti, molestatori, venditori di fazzoletti, quello che ti tormenta perché vuole una sigaretta, gente che dorme accucciata ovunque. Ogni tanto qualche poliziotto impotente.
Dentro alla stazione i pannelli ARRIVI/PARTENZE che restano ancorati al passato in quella colonna dove ci sono tutti quei numeretti ... 10' - 25' - 56' ed oltre ... che non sono i numeri dell'ultima estrazione del lotto, bensì quelli dei ritardi.
La biglietteria: immancabile la fila. Ed ovviamente il furbo che cerca di aggirarla con la grazia di chi non ha certo frequentato la scuola di fioretto, ma sicuramente si è distinto nelle lezioni di spingarda.
L'obliteratrice: costruita secondo le tecniche di fabbricazione della legge di Murphy e quindi la prima che incontri, tranquillo che è fuori uso.
I binari: affollati di albanesi che ti tormentano con la mano tesa chiedendo la moneta, incuranti della tua insofferenza. Sono sempre loro, sono lì dai tempi in cui arrivarono con i gommoni; hanno già qualche filo bianco nelle chiome, segno evidente che stanno solo aspettando la pensione di vecchiaia che presto erogheremo loro (ecco perché li trovi sempre al di qua della linea gialla che rispettosamente non oltrepassano).
I distributori di bevande e cibo: banale ricordare che 9 su 10 ti mangeranno la moneta. E per cosa poi? Per la bottiglietta di acqua che proviene dalle FONTI DEL VULTURE (Rionero in Vulture) provincia di Potenza. Lode ai gestori che alimentano questo traffico tra Emilia Romagna e Basilicata che, si sa, sono geograficamente vicine ... 
Il pannello sul binario: diligentemente mostra orario e destinazione, ma puntualmente si accenderà la scritta scorrevole che ti informerà di uno sciopero del personale che causerà ritardi o cancellazioni di alcuni treni. Ma in Trenitalia il motto è, ed è sempre stato: 
Il treno: all'arrivo del treno c'è sempre il passeggero che ancora non ha capito che prima bisogna far scendere i passeggeri e ostinatamente si avvinghia al portello tentando la salita mentre viene travolto dai trolley di quelli che scendono. Una volta accomodati sul nostro sedile assisteremo alla trita scena di quello (solitamente rom) che passa e appoggia sul tavolinetto il bigliettino che recita che è in stato di bisogno e chiede monete; percorre la carrozza fino in fondo e poi fa il percorso a ritroso. Superfluo ricordare che viaggia come al solito senza pagare il biglietto; superfluo ricordare che se continua questa abitudine è perché c'è sempre qualche pirla che allunga monete sentendosi in questo modo un benefattore. 

Tutto sempre uguale. Puoi non prendere treni per mesi, per anni, ma quando tornerai in stazione troverai il solito copione che si ripete, inossidabile. E tu, con aria asettica e liofilizzata percorrerai il piazzale dribblando mendicanti e tabelloni, ignorerai la prima obliteratrice che incontri, vincerai la tentazione di far superare la linea gialla a quello che ti tormenta, non infilerai la moneta nel distributore, aprirai un libro perché già sai che il tuo treno sarà quello per cui si scusano per il disagio e quando arriverà, salirai accomodandoti e avendo come unica avvertenza quella di aggrapparti come un polipo ai tuoi bagagli per evitare che il rom in stato di bisogno allunghi troppo la mano bisognosa.
E' così rassicurante sapere come comportarsi senza dover affrontare novità che ti confonderebbero !!

Ora capisco perché alcuni treni si chiamano coincidenze, perché se riesci a prenderli è solo una coincidenza. Danilo Arlenghi

venerdì 3 ottobre 2014

Ricetta: PANE DI S. PETRONIO

ricetta tradizionale bolognese
Questa è una ricetta che ho rispolverato dalle antiche tradizioni di Bologna.

Il 4 ottobre ricorre la festa del santo patrono di Bologna: SAN PETRONIO
Era tradizione festeggiare nelle case facendo questo pane. 
Non era servito a tavola durante i pasti, ma si degustava assieme a parenti e amici (magari con un bicchiere di vino). 

E' comunque un pane che, se nei tempi che furono, era rappresentativo di questa festività, ora è andato scomparendo pure presso i fornai (forse sono riconducibili a questa tradizione alcune pagnottelle che oggi vengono fatte con farcia di mortadella ed ingredienti uguali eccetto il burro...).

Ho provato a chiedere ad uno storico panificio del centro di Bologna se lo fanno, ma mi hanno detto no (paradossalmente vendono tutti i tipi di pane, molti tipici di altre regioni italiane ...). 
E allora, poiché non è per nulla complicato farlo, tanto vale arrangiarsi !!
Già dagli ingredienti si comprende perché è un pane per la festa: ricco, goloso, opulento, sfacciatamente ipercalorico ....

Ingredienti: 400 gr di farina - 40 gr di burro temperatura ambiente (più qualche fiocchetto per la farcia) - 20 gr di lievito di birra - 2 cucchiai di latte - 1 cucchiaio di olio di oliva - 100 gr di prosciutto di Parma - 60 gr di Parmigiano Reggiano in scaglie - sale

ricetta tradizionale bologneseMettere il lievito a sciogliere in 3 dita di acqua tiepida (non calda altrimenti compromette la lievitazione).  
In una capiente terrina mettere la farina ed aggiungere i 40 gr di burro, il latte, l'olio di oliva e il lievito sciolto e iniziare ad amalgamare gli ingredienti con una forchetta. Passare ad impastare con le mani, lavorando un po' il composto fino ad ottenere una palla morbida. Fare una profonda croce nell'impasto e coprirlo con un telo e una pellicola trasparente e lasciarlo a lievitare per 1 ora (deve raddoppiare il volume).
Lavorare nuovamente la pasta con le mani, aggiungere qualche pizzico di sale e lasciar riposare l'impasto (coperto) per altri 20 minuti.
Trascorso questo tempo, reimpastare velocemente e stendere l'impasto aiutandosi con il mattarello e dando una forma ovale.
ricetta tradizionale bologneseSull'intera superficie mettere le scaglie di parmigiano, dopodiché adagiare il prosciutto, aggiungere di nuovo altre scaglie di parmigiano con qualche fiocchetto di burro.
Arrotolare su se stesso l'impasto e chiuderlo ad anello. Con un coltello, incidere qua e là con delle croci (io ho poi inserito della carta-alluminio appallottolata all'interno dell'anello per evitare accidentali deformazioni dell'impasto .. ma è opzionale).
Infornare - sulla leccarda ricoperta di carta forno - a 180° per circa 30-40 minuti (dipende dal forno ... verificare la cottura).

giovedì 2 ottobre 2014

POESIA PER UN PADRE

Ho incrociato per caso la poesia qui sotto e mi ci sono soffermata. 
E quelle parole " .... non per insegnarmi a volare, ma per togliermi la paura di cadere ... m'hai fulminato con lo sguardo severo non per odio, ma per insegnarmi a combattere" quanto mi appartengono .... perché nonostante la mia età, ma soprattutto nonostante la sua età, mio padre tende spesso a rapportarsi con me come fossi la bambina di una volta. Sì, certo, non è più quello di una volta e se tante volte sembra che si invertano i ruoli e sono io che devo prendermi cura di certe sue fragilità, sono però ancora tante le volte in cui torna ad essere quello che in casa "si faceva sentire". 

M'hai stretto la mano non per trattenermi
ma per dar libero sfogo alla mia curiosità,
m'hai lanciato in aria con le mani non per insegnarmi a volare
ma per togliermi la paura di cadere,
m'hai mostrato le tue spalle non per ignorarmi
ma per difendermi,
m'hai fulminato con lo sguardo severo non per odio
ma per insegnarmi a combattere,
m'hai distolto lo sguardo non per sconfitta
ma per rispetto,
m'hai fatto assaggiare l'amaro della sconfitte non per umiliarmi
ma per insegnarmi a non demordere,
m'hai detto "brava", anche quando non lo meritavo,
perché la forza delle vittorie si costruisce sulla fiducia,
e m'hai detto un "non è niente",
divorando l'ira per non darmela a vedere,
                                                                                                                      perché sul cammino gli inciampi devono essere da slancio
                                                                                                                      invece che da ostacolo,
                                                                                                                      e rincorriamo pensieri sulle sponde dei ricordi
                                                                                                                      che ci scaldano di emozioni vissute, nascoste,
                                                                                                                      celate dietro al lume dell'orgoglio,
                                                                                                                      d'un nostro cresciuto col sapore del volersi bene,
                                                                                                                      incondizionatamente.
                                                                                                                                                                     - Mirko Blesio -

mercoledì 1 ottobre 2014

APPLICAZIONI TECNICHE

Nella biblioteca di casa conservo ancora 2 libri dei tempi delle scuole medie, quando frequentavo i corsi di "applicazioni tecniche".
Li ho conservati per nostalgia, perché mi ricordano quei tempi in cui invasi casa con i portamatite ricavati dai barattoli dei pelati (ricoperti con velluto e rifiniti con la passamaneria), con i cestini ricavati dai fustini del Dixan (ricoperti di carta e ammennicoli vari) e altro ancora che oggi si riassume con il termine découpage.

decoupage
Ma oggi, a ben riguardare quei libri, mi sorge il dubbio che quella materia che ci insegnavano era un subdolo lavaggio del cervello.

Accanto alle attività pratiche di découpage, ci insegnavano a cambiare spine elettriche, a tagliare il legno, a cucinare, a ricamare, a coltivare le piante, a sostituire uno scarico di un lavandino, a calcolare i costi di ogni iniziativa. 
Detta così è una lodevole iniziativa, ma ....
Significativa la prefazione del libro:
"Tu che mi leggi non sei più una bimba: i tuoi sogni si protendono ormai verso un avvenire di donna, già in te corpo ed anima acquistano caratteri nuovi, veramente femminili. Sei una preadolescente.......... Una delle scoperte che la Scuola Media ti propone è questa: capire cos'è la donna nel mondo moderno. .... Un grande mutamento sta avvenendo nella società: la donna che ancora pochi anni or sono veniva da molti stimata inferiore all'uomo, raggiunge ogni giorno più la parità di diritti con questo. Già la Costituzione ha dal 1947 riconosciuto alle donne il diritto di votare (art. 48) e quello di 'accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettorali'. Leggi recentissime hanno poi ammesso la donna ad esercitare professioni che finora erano per lei chiuse."

Insomma il libro lancia un messaggio: cara futura donna, ora che ti abbiamo concesso tanti privilegi, inizia a pedalare e, per giusta riconoscenza, datti da fare. Devi saper fare l'idraulico, il falegname, il vetraio, la sarta, la cuoca, il giardiniere, il ragioniere e, anzi, devi saper fare anche di più :
grembiuliSì, perché se volevi essere una donna del mondo moderno dovevi anche sapere con che materiali si possono costruire conigliere e pollai (oggi immagino che dobbiamo saper costruire un missile) senza dimenticare che la vera donna usa un abbigliamento consono anche per la manutenzione di una conigliera !! 
Per la cronaca: qualche pagina più avanti c'è l'abbigliamento suggerito consistente in cosiddetti "graziosi modelli", peccato che non ho trovato i graziosi modelli che deve indossare l'uomo quando dovesse fare tali manutenzioni ... ah, già che sciocca: se le fa la donna, non occorre che l'uomo si sbatta a farle.
E mentre l'uomo rientrando a casa si concede il giusto riposo sul divano, la donna -come recita il testo - rientra a casa per le faccende domestiche.

A noi bambinette stavano insegnando che non eravamo più la costola di Adamo ma a me puzza di fregatura. 


Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile. Charlotte Whitton