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lunedì 31 marzo 2014

Te c'hanno mai mannato a quel paese?

Mi sono prefissata di non parlare di politica nel mio blog perché non voglio sporcarlo.
Ma dopo anni trascorsi a girovagare tra patronati e INPS, dopo aver udito tanti racconti allucinanti di gente che si è vista scippare la pensione a pochi centimetri dalla linea d'arrivo, dopo aver visto persone con i capelli bianchi uscire in lacrime per aver preso la batosta dell’inesorabile sentenza, dopo aver guardato persone che con l’occhio lucido lanciavano nel vuoto la domanda “e come campo io per i prossimi anni?” ho ritenuto di scrivere poche righe sull’argomento.
In questi anni ho sentito chi conosco, definire la Fornero con i termini del dizionario più volgare esistente, persino quelli che non avevo mai udito dire parolacce. Ho sentito gente che le augurava un tumore, un cancro, una malattia paralizzante e chi più ne ha più ne metta.
Ho seguito solo marginalmente la recente vicenda dei 4mila esodati della scuola, l’assurda situazione in cui si sono trovate queste persone a causa della riforma (ma la si può chiamare così?) Fornero che al suo interno conteneva l’errore di non considerare la specificità del mondo della scuola, dove l’unità di misura è l’anno scolastico e non quello solare. Altri 4mila che si aggiungono alla già nutrita (per modo di dire, perché saranno presto alla fame) schiera di esodati del privato che girovagano in un labirinto senza uscita, vittime incolpevoli di errori di conteggio della Fornero.
Questa lacrimevole ministra che ha causato nefasti danni ovunque abbia messo mano, si permette ancora di parlare e dare giudizi sull’operato dell’attuale governo, proprio lei che dovrebbe avere almeno la decenza di defilarsi e tacere.

Io per natura non riesco a lanciare malauguri di malattia o di morte, riesco ogni tanto a dire qualche parolaccia, ma non possiedo un gran dizionario.
Però mi vien in mente Michelangelo: lui tirò una martellata al suo Mosé dicendo “Perché non parli ?” ed io penso che una bella martellata alla Fornero al grido di “Perché non taci ?” ci starebbe più che bene.
Per rispetto di tutti quelli che escono dai patronati con le lacrime agli occhi, per rispetto di tutti quelli che pur avendo lavorato 40 anni non hanno “diritti acquisiti”, per rispetto di tutte le sue vittime che si ritrovano con un pugno di mosche perché la lacrimevole ministra, anziché usare la testa, ha tirato i dadi per fare la riforma peggiore che la storia ricordi. 
Per rispetto di tutti loro "sporco" il mio blog con la politica, ma soprattutto a nome di tutti loro: Fornero te c’hanno mai mannato a quel paese (senti, 'a cosa, mica fai la choosy se te do del tu)?


domenica 30 marzo 2014

PALAZZO COMUNALE (D'ACCURSIO)

Palazzo Comunale
Palazzo Comunale (d'Accursio)
Palazzo d'Accursio
Scalinata di Donato Bramante
Sempre nell'ambito delle giornate di primavera organizzate dal FAI ho visitato Palazzo Comunale. Un Palazzo di grande valore civile, politico e simbolico e lo si desume dai vari nomi che nel tempo ha cambiato: Palazzo "Pubblico", "di Città", "del Comune", "Apostolico", "del Gonfaloniere", "del Legato", "della Biava", "degli Anziani", "d'Accursio".     
Palazzo Comunale
Sala Verde (ex sala dei matrimoni)-
decorata da Achille Casanova
Queste giornate organizzate dal FAI sono splendide iniziative in quanto spalancano le porte di quei tesori che normalmente non sono visibili e si può finalmente vedere ciò che viene custodito al di là di quelle enormi finestre che siamo abituati a vedere dalla Piazza.


Ed è così che ho potuto ammirare la meravigliosa SALA VERDE (già sala dei matrimoni) tutta decorata a piena parete con motivi floreali e simbolisti di Achille Casanova, uno dei principali protagonisti del liberty a Bologna. 


Palazzo d'Accursio
Sala d'ERCOLE-scultura Alfonso Lombardi (1519)



E a seguire la SALA D'ERCOLE con la scultura di ALFONSO LOMBARDI, che rappresenta Ercole che atterra l'Idra (a simboleggiare il trionfo dello Stato Pontificio dopo la caduta della signoria dei Bentivoglio).
Francesco Francia
Madonna del Terremoto (1505)  di
Francesco Raibolini-detto il Francia-
Palazzo d'Accursio
Sala degli Anziani
Palazzo d'Accursio
Sala del Consiglio
E su di una parete della sala si può ammirare l'affresco votivo della Madonna del Terremoto realizzato da Francesco Raibolini (detto Il Francia).

E a seguire ancora la SALA DEGLI ANZIANI con un soffitto prospettico di Antonio Bibiena e decorazioni che hanno coperto le oramai perdute decorazioni barocche nella precedente versione seicentesca.






Ma naturalmente quella che ha lasciato tutti a bocca aperta è la SALA DEL CONSIGLIO e un'amante del barocco, quale sono io, poteva solo rimanere estasiata da un simile spettacolo. Bellissima la decorazione che rese famosa la scuola bolognese nel mondo: la quadratura (ossia l'uso sapiente della prospettiva crea superfici su illusori spazi aperti).
Palazzo d'Accursio
Sala del Consiglio (affreschi di Angelo Michele Colonna)
La sala che invece bene conosciamo è la SALA ROSSA, quella che viene utilizzata per i matrimoni con rito civile. Confesso che l'ultima volta che l'ho vista era il 1983, una vita fa.
Palazzo D'Accursio
Sala Rossa
palazzo comunale
Veduta dalla Sala Rossa (balcone da cui si
affacciano gli sposi)
palazzo comunale
Sala rossa - particolare



















Palazzo d'Accursio
Sala Dentone  - particolare
palazzo comunale
Sala della Giustizia-particolare
Meno sceniche rispetto alle altre sono la SALA DELLA GIUSTIZIA e la SALA DENTONE (quest'ultima prende il nome da Girolamo Curti detto il Dentone che ne dipinse le quadrature prospettiche nella prima età barocca).
E se il FAI dalle sue pagine web ha ringraziato le centinaia di migliaia di visitatori che hanno visitato i vari luoghi aperti in tutta Italia, io ringrazio il FAI per questa loro attività che ci consente di scoprire questi angoli meravigliosi.
E finalmente quando sarò nella nostra splendida Piazza Maggiore, guardando Palazzo Comunale saprò cosa celano alcune di quelle grandi, enormi finestre.
palazzo d'accursio
Palazzo Comunale (Palazzo d'Accursio)

sabato 29 marzo 2014

COTOLETTE ALLA BOLOGNESE



E se a Milano si può gustare un'ottima cotoletta alla milanese, noi qui a Bologna non ci facciamo mancare proprio nulla con la nostra cotoletta alla bolognese: una bomba calorica che soddisfa in maniera deliziosa il palato !
Rispetto alla ricetta originale depositata presso la Camera di Commercio, io apporto qualche variante, ma solo perché di già che facciamo questo peccato di gola, tanto vale farlo a tutto tondo senza privarsi di nulla. 
Poi magari per i successivi due giorni si ripiega su insalata e frutta che sono così sane, ma almeno le si affronta con il sorriso di chi si è gustato un piatto veramente ottimo.

venerdì 28 marzo 2014

E' cattivo gusto

Io lo so che in questo frenetico mondo del web tutti si affannano a ritagliarsi spazi o a utilizzare il web come strumento per avere visibilità. Ma quando mi ritrovo nella mail un oggetto che recita "POMPE FUNEBRI A BOLOGNA", apro la mail e leggo "Servizi funebri di qualità", ecco, come dire, non è proprio quello che avrei voluto leggere.

La mail prosegue con "La soddisfazione del cliente e delle altre persone interessate rappresentano per la nostra azienda l'obiettivo primario da conseguire al fine di assicurare la continuità e lo sviluppo dell'organizzazione". 
Foto presa dal web
Sarà che sono pignola, ma parlare di "soddisfazione" nel caso di un funerale mi sembra fuori luogo, e il cliente chi è ? Il morto ? Sì, perché chi commissiona un funerale può essere una famiglia, quindi non si può dire "il cliente". 
E le altre persone interessate chi sono ? I partecipanti al funerale sono definibili come "persone interessate"?
Ma il colpo magistrale è che l'obiettivo è "assicurare la continuità e lo sviluppo dell'organizzazione", come dire: venite numerosi che vi seppelliamo tutti e più siete e più ci ingrandiamo.  
Segue elenco di tutto ciò che forniscono dai servizi burocratici, ai fiori, tombe, lapidi e ci hanno messo pure l'accompagnamento musicale funebre che così stiamo un po' più allegri. Magari alla prossima mail si aprirà pure la musichetta di fondo e pioveranno fiori e lapidi nel testo ... !
Oppure, perché no, proporranno una bella tessera fedeltà e al raggiungimento di un tot di punti ti omaggiano una bara.

E torniamo sempre al solito punto: una volta le vetrine delle pompe funebri erano oscurate da tende che impedivano di guardare dentro. Solo la grande enorme insegna che campeggiava sulle vetrine ti ricordava che tipo di attività si svolgeva là dentro.    Ora le vetrine sono tutte senza tende ed espongono urne, fiori, lapidi, e ammennicoli vari, in nome di che ? Fascinazione all'acquisto?
Per carità, va bene tutto; della morte dobbiamo prendere atto, tanto prima o poi ci tocca, ma proprio perché ci tocca inesorabilmente, abbiamo veramente bisogno di pubblicità sui servizi ?
E se proprio dobbiamo farla, magari questi strateghi del marketing, potrebbero affinare i loro mezzi, in primo luogo utilizzando parole un po' più sensate.

Insomma, una volta era bello aspettare il postino che ti portava cartoline, buste colorate che già sapevi trepidante chi te le mandava, le aspettavi come un gioioso cucciolo di Labrador ansimante. Adesso il postino ti porta solo le bollette e tutto il resto ti arriva via mail, ma quando ricevo mail come queste non mi sento propriamente un cucciolo di Labrador ansimante, tantomeno gioioso.

giovedì 27 marzo 2014

LE EFFUSIONI

Nelle aziende per cui ho lavorato c'era il rito della "festicciola per gli auguri di Natale". Più si avvicinava quel giorno e più soffrivo al pensiero di dover presenziare. Io amo il Natale, ma non sopporto di essere costretta ad effusioni con chiunque, anche con colleghi con i quali magari ci ignoravamo o con i quali c'era poca simpatia. Ed escogitavo qualsiasi stratagemma per evitare abbracci ed effusioni varie (mi veniva sempre in mente Fantozzi nella scena in cui erano obbligati a guardare la Corazzata Potëmkin).
Al pari rifuggivo tutte le effusioni di saluto per le vacanze, le ritenevo inutili ed ipocrite smancerie. 

Poi un giorno una mia amica, che conosco oramai da 40 anni, mi disse: "Una cosa che mi è sempre mancata con te è l'abbraccio, tu non ti lasci mai abbracciare, tieni tutti a distanza e questa cosa mi ha fatto sempre soffrire, perché vorrei che ci abbracciassimo".
Effettivamente mi resi conto che per quanto non ho mai lesinato abbracci e baci in famiglia (compreso i miei cani che avevo sempre incollati addosso) che dispenso anche esagerando, tanto sono stata algida con il resto del mondo, non solo i colleghi, ma anche le amicizie. Sorrido, scherzo, rincuoro, sostengo, sono disponibile, ma ho sempre evitato il contatto fisico. Unica eccezione quando qualcuno in lacrime si rifugia tra le mie braccia e mi ritrovo quindi a stringere quella persona per confortarla, non mi ritraggo.

Qualcosa cambiò qualche anno fa grazie alle ragazze che collaboravano con me in ufficio. Mi sono ritrovata delle persone di una spontaneità rarissima, con una generosità ed un candore ancor più rari.
Foto presa dal web
Mi spiazzava quel loro darsi così naturalmente, nelle parole e nei fatti, senza aspettarsi gratificazioni compensative, senza preclusioni, fidandosi di me sin dall'inizio pur non conoscendomi.
Da loro mi lasciai abbracciare e le abbracciai ed ora quando ci incontriamo, mi diverte molto quando mi saltano al collo e mi travolgono senza ritegno; ed io con loro non lesino né baci né abbracci.  Ed ora abbraccio anche altre, magari solo per le festività o occasioni particolari (ma ci sto lavorando e forse migliorerò), magari sono un po' impacciata, ma le abbraccio.
Quando ci lasciammo in quell'ufficio, le ragazze mi scrissero un lungo messaggio. Non lo pubblico perché troppo privato. 
Quando me lo diedero avevano gli occhi lucidi di lacrime e dei sorrisi a tutto tondo che erano bellissimi da vedere. 
In quelle parole era racchiuso il tempo che avevamo trascorso insieme e lo conclusero scrivendo che erano riuscite a guardare oltre la mia corteccia; quello che però non avevano compreso era che erano state proprio loro a sgretolarla quella corteccia

mercoledì 26 marzo 2014

E VA BENE: parliamo di corna

Non ho guardato il Festival di Sanremo, non lo guardo da anni, ma è inevitabile che abbia sentito lo strascico di certe polemiche e naturalmente alcune canzoni che radio e TV si affannano a riproporre.
Quando ho sentito la canzone di Renga “Vivendo adesso”, d’impatto l’ho trovata orecchiabile e gradevole; confesso che ci ho messo un po’ a comprendere che si parlava di CORNA !!
Parole molto dolci, ma pur sempre di corna si tratta.
Poi ho saputo che il testo lo ha scritto Elisa e mi sono detta che almeno una variante sull’argomento c’è stata.
Sì, perché io sono rimasta a Patty Pravo che mentre si rotolava tra le lenzuola con un altro, si struggeva e si pentiva “Pazza idea di far l'amore con lui pensando di stare ancora insieme a te!”. Mentre la più morigerata Signora Lia di Baglioni veniva esortata “Stasera stai con tuo marito, sta' tranquilla che non sa che l'hai tradito....... lava i piatti, asciuga il viso, non ci pensare più”.

E sull’altro fronte gli uomini traditori, con la canzone regina dei Pooh che dichiaravano, beninteso dopo aver consumato,: “mi dispiace devo andare il mio posto è là;  il mio amore si potrebbe svegliare” salvo poi tanti anni dopo non cadere in tentazione ma solo per la donna del loro amico, quella l'hanno graziata.  
Poi gli smemorati dell’Equipe 84 “Seduto in quel caffè io non pensavo a te … Poi d'improvviso lei sorrise e ancora prima di capire mi trovai sottobraccio a lei .....”.
Il Morandi era più aperto, forse complice questa nostra terra emiliana, e si confessava sempre “ritornerò in ginocchio da te, l’altra non è niente per me” e le altre (recidivo) a seguire. 

Insomma un gran zibaldone dove ci sono donne che soffrono le pene dell’inferno nel tradire o si fanno scoprire nel tradimento e uomini sbadati che mentre prendono un caffè, incappano in una lei che per qualche ora fa perdere loro la memoria e si ritrovano, loro malgrado, poveri esseri fragili,  nella rete di ammalianti signore che poi ripudiano non appena hanno consumato riacquistato la memoria.
Mi sembra che almeno questa canzone riequilibri un po’ il rapporto. Sì è vero, si parla di corna e non sono mai piacevoli, ma almeno i due in questione stringono un bel patto consenziente e non si raccontano balle: “Tu ed io soltanto. Il fuoco e le fiamme a dire che stiamo solo facendo sesso. Tu amami ora come mai, tanto non lo dirò. È un segreto tra di noi.  Ma vorrei soltanto tu fossi già sicura che stiamo solo vivendo adesso”.

Questa canzone è una rivalutazione (si può dire?) delle corna che si aveva la sensazione fossero pure in calo. Sarà il logorio della vita moderna, sarà la crisi, sarà che forse l'uomo non ce la fa più a gestirne due alla volta e con il caffè dell’Equipe 84 non va più da nessuna parte, sarà che le donne sono troppo impegnate tra lavoro, figli, palestra, amiche, corso di bricolage, che alla fin fine trovare due che se la spassano e non stanno a tormentarsi o interrogarsi o pentirsi, beh, l'ho trovato in un certo senso liberatorio. 
Saranno anche corna, è pur anche vero che le disapprovo (che bravina che sono a dirlo così elegantemente), ma almeno non sono corna lamentose, piagnucolose e piene di (finti) rimorsi; questi due si incontrano, si promettono di tenere tutto segreto, fanno quel che devono fare e arrivederci e grazie.
Niente più "non son degno di te" "in ginocchio da te" "perdono" e altre amenità di smemorati. Come dice la canzone "Un nuovo modo di vedere le cose".

martedì 25 marzo 2014

QUELLE PAGINE STRAPPATE

Tutti abbiamo le nostre pagine strappate.
Dobbiamo continuare la nostra strada, ma ogni tanto il pensiero corre là in quelle pagine che non sono mai state scritte perché sono state strappate.

Lei si chiamava Cristina ed aveva qualche anno più di me. In un momento particolare della mia vita, di quelli dove la marea ti sta sommergendo, me la trovai a fianco.
Era ingorda di vivere, di spassarsela a tutti i costi e me la trovai appiccicata addosso come un francobollo. 
Appiccicata a me che ero arrabbiata con il mondo. Mi forzava a seguirla nelle sue uscite, lo facevo malvolentieri, perché mi sarebbe piaciuto di più star lì ad inveire contro tutto autocommiserandomi, ma lei non me lo permetteva.

Mi trascinava nelle sue zingarate, quelle alla "Amici miei" ed inevitabilmente mi lasciavo prendere la mano.
Non mi chiamava mai per nome, mi chiamava "brava ragazza", lo diceva con un misto di dolcezza ed ironia, perché da un lato apprezzava il fatto che io cercassi di tenere in ordine la mia vita e dall'altro tentava di insegnarmi che qualche follia bisogna sapersela concedere.
E lei di follie se ne intendeva parecchio; lei aveva tutta la sua vita improntata sul vivere al di fuori della normalità, sulla futilità, sulla leggerezza del niente, sull'oggi è oggi e non mi importa del domani.
Inutile giudicarla, Cristina era così: prendere o lasciare.
Venne quella maledetta domenica. Cristina mi telefonò "Ciao brava ragazza, ci vieni in piscina con me, oggi proprio in casa non ci voglio stare" e le risposi che no, non ne avevo voglia e non cedetti alle sue insistenze. Ne parlo ogni tanto con un'amica, quella che ricevette la stessa telefonata e che come me rifiutò.
Cristina andò con un amico, ma non arrivò mai a quella piscina perché si schiantarono nel rettilineo.
Ogni tanto penso a lei, ogni tanto mi chiedo cosa mi direbbe lei di quel tale fatto o di quell'altro, ogni tanto penso a come lei mi esorterebbe a ignorare questo o quello. Quando la penso non lo faccio mai con tristezza, anzi. 
Quante volte io e l'altra amica ci siamo chieste come sarebbero andate le cose se non avessimo rifiutato. 
Se avessi detto sì e fossi stata io alla guida dell'auto forse Cristina sarebbe ancora qui e forse, nonostante i tanti, tantissimi anni passati, nonostante io non sia più una ragazza, mi telefonerebbe e mi direbbe ancora "ciao, brava ragazza ...".
Ciao Cristina ...

lunedì 24 marzo 2014

SOTTOPASSI DI BOLOGNA

Sottopasso di P.za Nettuno-anni '60-foto presa dal web
sottopassaggio Bologna
Selciato del Decumano Massimo della città romana
In occasione delle giornate del FAI ho partecipato ad un paio di visite e tra queste ho scelto di visitare il Sottopasso di Via Rizzoli.
Tra le varie mete poteva sembrare la meno interessante, ma per chi è bolognese petroniana come me, quella visita era carica di significati.
Il sottopasso pedonale fu inaugurato tra il 1958 e il 1960, in un periodo in cui la grande affluenza delle auto nel centro di Bologna, consentiva di attraversare le varie strade senza incappare nel traffico veicolare.
Per noi bolognesi era un’abitudine consolidata scendere da un lato della strada e sbucare magari due strade più in là. Nei sottopassi erano presenti diversi esercizi commerciali e divennero quindi luoghi affollati e molto frequentati.

Ma i sottopassi finirono inutilizzati quando si decise di chiudere il centro storico alle auto e piano piano divennero dei punti di degrado frequentati solo da sbandati, malfattori e drogati al punto che il Comune ne chiuse l’accesso.
sottopassaggio
Apparato didattico sottopasso Via Rizzoli
Affrontando la visita ero emozionata, perché data la loro chiusura al pubblico, non scendevo in quei sottopassi dal almeno 30 anni e purtroppo è stata grande la mia delusione perché credevo di ritrovare i sottopassi di una volta, credevo che le lancette del tempo si fossero fermate ad allora, credevo che avrei rivisto le vetrine vuote dei negozi abbandonati all’epoca ed invece è stato tutto snaturato.
Sottopassaggio Bologna
Sottopasso - uscita Via Ugo Bassi
I sottopassi sono ora per me irriconoscibili, sono stati tirati a lucido, pannellati, imbiancati e dati ad un’associazione che li usa come spazi culturali/ricreativi per bambini tra i 2 e i 13 anni.
In quei sottopassi vi sono ancora le tracce di un basolato pertinente a un tratto della Via Emilia e questo interessava principalmente i visitatori  che come me sono scesi.
Ma tra i visitatori c’erano 2 bolognesi petroniani come me e quindi ho compreso che pure loro erano scesi non per le evidenze archeologiche, ma per la “botta di nostalgia” dei tempi che furono.
Loro come me si sono affannati a cercar di riconoscere i luoghi e abbiamo unito le nostre memorie un po’ appannate: uno che ricordava che c’era l’ottico, ne era sicuro perché era cliente, io che ricordavo il negozio di borse e cinture e il mitico negozio di dischi che stava verso una scalinata e dove mi incantavo a sognare quanti ne avrei potuti acquistare con quello che mi passavano i miei e poi il bar e le vetrinette che correvano lungo la parete laterale e contenevano locandine pubblicitarie.
Sottopassaggio Bologna
1961-Natale nel sottopasso Via Rizzoli
L’altro che ricordava la ricevitoria (si chiamava “La fonte dell’oro") dove sognando, giocava la schedina del Totocalcio e proprio questo mi ha fatto venire in mente che nel periodo natalizio, mia madre mi portava nei sottopassi dove c’era Babbo Natale che distribuiva caramelle mentre si faceva scattare la foto classica e proprio quella foto sono andata a ripescare e alle mie spalle si vede la ricevitoria.

A farci da guida per conto del FAI c’erano 2 ragazzi del Liceo Classico Minghetti che con tanto fervore  hanno illustrato le evidenze archeologiche (se ho ben compreso i nomi: Davide ed Edoardo).
Sono stati bravi, erano emozionati, ma pieni di entusiasmo. A loro è andato il mio ringraziamento seppure, ridendo, ho confessato la mia delusione per aver camminato in un luogo sconosciuto che nulla ha a che fare con quello che erano i sottopassi di Bologna. E loro, carinamente, si sono giustificati dicendo che non riuscivano nemmeno ad immaginare come fossero quei sottopassi da come noi li raccontavamo.

sottopassaggio bologna
2014 - sottopasso via Rizzoli
Sottopassaggio Bologna
Sottopasso uscita di Via Ugo Bassi

















Sarà anche giusto o normale o doveroso che il mondo vada avanti, ma io continuo sempre a chiedermi se questo snaturare le architetture sia veramente progresso. 
Quei sottopassi avevano una storia, là c’era  fermento, erano un passaggio obbligatorio, il prolungamento dei portici cittadini; ora sono una sorta di laboratorio asettico che si può trovare in qualsiasi complesso: sale imbiancate e anonime che con tutto il loro bianco e freddo candore non resteranno nella memoria di nessuno.  

sabato 22 marzo 2014

La poesia di Riyueren

Si fa chiamare Riyueren ed ha un blog CRUNA DI STELLA . E' una persona dolcissima e soave, così la percepisco io. Scatta fotografie di grande intensità, è un'abile fotografa, e scrive versi. Spesso li trovo malinconici, ma quel che conta è che riesce sempre a toccare qualche corda dentro di me.
Mi ha gentilmente concesso di pubblicare le sue poesie che desidero. Comincio da questa poesia, la prima che tempo fa scelsi. Vera, terribilmente vera in quell'evidenziare che quando la nostra pelle è nuda, dopo tante sofferenze, si procede più attentamente.

Foto presa dal web

Non riuscivo a fermare i miei passi:
calpestavo la strada e me stessa.
Ma eran belle le scarpe che avevo!

Solo quando le ho tolte ho capito,
quando ho visto le piaghe sui piedi,
le ferite che l'occhio non vede:
mi abbagliavano il cuore, le scarpe!

Le ho lasciate da parte in silenzio.
È da allora che scalza cammino:
quando ha nuda e indifesa la carne,
la persona procede più attenta.
Riyueren

venerdì 21 marzo 2014

UNA FAMIGLIA DI ARTISTI

A ben guardare, nella mia famiglia sono circondata da artisti: chi canta, chi suona, chi dipinge, chi scrive libri. 

Direi che sono l'unica che non sa fare nulla di tutto ciò (ma ci vuole pur sempre il brutto anatroccolo ... che a questa età manco posso sperare di diventare un cigno .. o no?).

Franca è la moglie di mio cugino - altro artista a cui dedicherò un post - e sebbene abbia fatto tutt'altro nella vita, sebbene nessuno le abbia insegnato i rudimenti della pittura, lei dipinge. 
Lo fa così, con naturalezza: prende un soggetto e con il pennello lo riproduce.
Il paese dell'eterna primavera
Franco Mora
Credo di poter dire che è una dote rara; si potrebbe dire che copiare è semplice, ma non è assolutamente così ... provare per credere.

Quando mi ha fatto vedere le sue realizzazioni sono rimasta colpita e soprattutto mi ha fatto sorridere "l'incrocio del destino". Mi spiego: tra quanto ha realizzato, vi sono alcune "copie" del pittore Franco Mora. 
E curiosamente Franco Mora (classe 1949) è un pittore naif - oltre che muralista - nato a Guastalla, piccola cittadina che ho imparato a conoscere come le mie tasche vista la permanenza di mio figlio proprio là.
Mia cugina predilige il naif, ma si sa che la pittura naif abbonda e forse di artisti più famosi di Mora (non me ne voglia ... ma è così). 
E' curioso che lei abbia scelto, così spontaneamente, un guastallese in tempi in cui nessuno di noi poteva immaginare che Guastalla sarebbe divenuta così familiare e così importante. 
Sa quasi di premonizione.

A parte queste divagazioni, resta la mia ammirazione per Franca, per quella sua mano che riesce a dipingere così spontaneamente senza aver preso lezioni da nessuno (e non fa solo quello .... sa fare altro ma non mi dilungo).

Unico strumento che ho per esprimerle la mia ammirazione è questo mio semplice blog, talmente semplice che sta in uno zaino, ma: "Franca sappi che meriti tutti i complimenti per quanto realizzi. Complimenti semplici, ma fatti con il cuore".

giovedì 20 marzo 2014

FOTOGRAFIA

Mi piace guardare le fotografie, a volte mi perdo nel web trovando siti con scatti magnifici, alcuni per l'originalità, altri per la tecnica, altri ancora per l'emozione che suscitano, altri mi fanno pensare all'enorme pazienza e alla passione di cui deve essere dotato un fotografo professionista per catturare un attimo, il movimento di un animale piuttosto che una particolare luce che riflettendosi rende un panorama mozzafiato. 
E mi perdo anche nelle foto di famiglia, quelle che ho in quegli album che alternano il cartoncino con la velina, sostituiti poi da quelli con la pellicola trasparente e, in tempi più recenti i fotolibri.
Ma la cosa singolare succede quando ti fermi quel momento in più a guardarle quelle fotografie. 
E' curioso constatare come con il trascorrere del tempo le guardi con occhi diversi. 
Ho delle foto della cresima di mio figlio e mi rendo conto che mia madre a quell'epoca aveva l'età che ho io oggi ed è proprio oggi che realizzo che a quel tempo io la pensavo già anziana, lei era nonna. 
E mi chiedo se lei in quel momento era come sono io ora, se aveva gli stessi pensieri, come si immaginava il domani. E poi ci sono le foto che ho ereditato, quelle di quando ancora io non ero nata, quelle che nonna teneva nel cassetto del comò, quello che si apriva male, poi sono passate dentro alla scatola di latta di mamma ed ora sono qui, dentro ad una mia scatola. Quelle in bianco e nero, un po' rovinate, dove c'è nonno nella sua splendida alta figura, dove ancora vivono le zie che ora non ci sono più o che, se ci sono, hanno i visi accartocciati dalle pieghe della vita e la memoria persa. 
E' come intingere la penna nel calamaio del tempo per riscrivere alcuni attimi di vita che sono cristallizzati in un rettangolo di carta: una fotografia.

mercoledì 19 marzo 2014

La ragazza con l'orecchino di perla

Venerdì ho visitato la mostra della "Ragazza con l'orecchino di perla". Nonostante la giornata feriale, l'affluenza era notevole e si faticava ad aggirarsi per quelle sale. Leggevo in questi ultimi giorni che si parla di circa 3.000 persone quotidiane; una cifra impressionante.
Ma soprattutto impressionante per questa Bologna che era addormentata.

L'operazione pubblicitaria è stata massiccia, basta girare per la città per notare che non vi è negozio che non abbia esposta la locandina con l'immagine della ragazza, pannelli all'aeroporto, pagine di giornale, insomma siamo circondati ovunque da quell'immagine.

E quindi c'è di che essere soddisfatti sperando che serva da apripista per riportare Bologna ed il suo patrimonio artistico al centro dell'attenzione.
Non condivido l'opinione spietata di Daverio che sostiene che "sono soldi buttati a scapito di un lavoro serio sui beni culturali, e delle opere che giacciono in deposito dopo il terremoto" e la stronca come "mostra inutile ed imbarazzante". 
Lui parla da esperto d'arte e comprendo che possa ritenersi offeso, così come lo è pure SGARBI, dal fatto che il pubblico venga attratto da un Vermeer dimenticandosi che Bologna - ma l'Italia in generale - offre un patrimonio artistico ben più prezioso. Sgarbi ha nominato i Carracci che qui a Bologna si possono apprezzare proprio a cominciare da Palazzo Fava.
Mentre mi aggiravo ho notato come la gente fosse concentrata sulle opere esposte, ma nessuno alzava gli occhi ad ammirare quei magnifici affreschi che decorano le sale. Un esercito di persone con audioguida infilzata in testa o in corteo assiepato attorno a qualche guida, tutti con gli occhi sui quadri, ma nessuno con la testa sollevata: eppure garantisco che è uno spettacolo che lascia a bocca aperta.

Nel mio bilancio complessivo sono rimasta soddisfatta, ma non posso dichiararmi entusiasta. Di Vermeer mi ha attratto "Diana e le sue ninfe", così come è stato un piacere ammirare i ritratti di Rembrandt. La famosa "Ragazza" è sicuramente affascinante, o seducente, o enigmatica, ma francamente mi fanno sorridere alcuni episodi di malessere e svenimento davanti all'opera, persone vittime della sindrome di Stendhal; mi sembra veramente eccessivo.
La mostra si compone di 6 sezioni: 1.la storia del Mauritshuis 2.paesaggi 3.ritratti 4.interni con figure 5.nature morte 6.la ragazza.
La ragazza è in una sala dedicata solo a lei: di piccole dimensioni troneggia protetta da pedane che impediscono di avvicinarsi più di tanto.
Il web è zeppo di descrizioni sulle varie opere; io avevo con me la guida migliore che si possa desiderare: mio figlio, che da appassionato ed esperto della materia mi ha deliziato con le sue descrizioni facendomi notare anche i particolari. E rubo alcune parole di mio figlio "gli antichi fasti delle mostre di Giotto e Annibale Carracci son lontani ricordi, ma per tentare di ritornare a quei livelli io dico BEN VENGANO mostre "inutili" come questa a portar turisti. Questi turisti sono gli stessi che oltre a riempire le casse cittadine magari si fermeranno qualche ora in più a scattare foto ricordo ad una città che, grazie ad iniziative simili, può (ri)acquisire quella notorietà che gli spetta. Invece che vivere nel ricordo del passato proviamo ad innovarci e proporre più spesso queste iniziative". La penso come lui, perché mi resta l'illusione che Bologna ed il suo patrimonio artistico non siano sempre e soltanto attrattiva per i palati sopraffini, quelli, per intenderci, che la conoscono meglio di me e sanno dove andare ad incantarsi ed ammirare le grandi opere d'arte.
Sui quadri esposti all'ultimo piano incentrati sull'arte moderna stendo un velo pietoso: non ne voglio nemmeno parlare.
Ho provato a ricostruire la nostra visita, ovviamente avvalendomi delle foto che ho dovuto obbligatoriamente prendere dal web dato il rigoroso divieto di tutto (persino di portarsi appresso la borsa), infatti la mostra è blindatissima e rigorosamente controllata da personale presente ovunque, forse anche in eccesso.
PS: una cosa che mi ha fatto ridere è che vi erano persone che ostinatamente facevano "sssstt  !!" per zittire chi parlava e commentava durante la visita. Nessuno parlava sguaiatamente, nessuno era irrispettoso, la gente scambiava opinioni o informazioni con toni pacati e sommessi come si fa usualmente in una mostra (che dire delle guide il cui mestiere è proprio quello di parlare?), ma evidentemente c'è chi ha una mente bacata e deviata e teme che la ragazza venga disturbata. 
Poi non stupisce se la ragazza qui da noi è diventata quella con "l'orecchino dei pirla".
Musica: Richard Clayderman "Memory"

martedì 18 marzo 2014

AMARE LA VITA

Così, solo per gioco .... Ho trovato questa simpatica gif di bimbi in rete che mi ha fatto divertire e penso che le parole che possono commentarla siano quelle della Fallaci. Mi sembra che la bimbetta sappia il fatto suo e se si mantiene così, prevedo un futuro da combattente.



Ho sempre amato la vita.

Chi ama la vita non riesce mai
ad adeguarsi, subire,
farsi comandare.
Chi ama la vita è sempre
con il fucile alla finestra
per difendere la vita ….
Un essere umano
che si adegua, che subisce,
che si fa comandare, non è
un essere umano.

Oriana Fallaci, (da un'intervista del 1979 di Luciano Simonelli)

lunedì 17 marzo 2014

Il paradosso di BEPPE MANIGLIA

Foto presa dal web
Foto presa dal web
Chi è bolognese sa perfettamente chi è Beppe Maniglia, ma sicuramente è noto anche a molti non bolognesi perché di lui si è parlato spesso come uno dei simboli di Bologna e c'è stato un momento in cui ha fatto anche alcune apparizioni TV.
Beppe Maniglia (il guitar boy con la faccia d'angelo) gravita nella Piazza Nettuno sin dalla fine degli anni '70 ; all'epoca era famoso perché gonfiava a fiato le borse dell'acqua calda fino a farle scoppiare. La sua moto con cui trasporta le casse ad alta tecnologia, il capello lungo, la chitarra con cui suona musica indefinibile, l'inseparabile canottiera, oggi Beppe Maniglia ha 70 anni, portati splendidamente, e tutto si ripete da circa 35 anni.
Foto presa dal web
E' notizia fresca: a Beppe Maniglia sono state inflitte 2 sanzioni da 400€ l'una perché, dice l'assessore Matteo Lepore: "deve chiedere il permesso di pubblico spettacolo e rispettare alcuni giorni ed orari nei suoi spettacoli. Deve inoltre spostarsi, perché la sua postazione vicino alla Sala Borsa crea una cassa di risonanza che disturba i lavoratori della biblioteca e si irradia fino ad impedire agli altri musicisti di farsi sentire".

Io sono assolutamente d'accordo che le regole vanno rispettate, ma mi sembra che in questo caso siamo veramente al ridicolo.
L'assessore Lepore è nato nel 1980, ossia quando Beppe già si esibiva in quella piazza, lui è lì da sempre, forse da più tempo dei piccioni .... non è possibile che ci accorgiamo solo adesso che disturba e che deve rispettare giornate ed orari.
Ho guardato il risultato del sondaggio lanciato da un quotidiano: l'80% dei bolognesi è contrario alle sanzioni a Beppe Maniglia. Ma io interpreto quella schiacciante maggioranza non come quella di cittadini che sono disponibili a scusare chi non rispetta le regole, ma di cittadini che forse come me sanno che le regole devono esserci, ma devono esserci PER TUTTI e se improvvisamente i lavoratori della biblioteca sono diventati delicati di orecchie, forse noi bolognesi siamo altrettanto delicati di occhi che vedono anche altro. Assessore Lepore che ne dice di buttare lo sguardo anche oltre la Piazza Nettuno (magari senza allontanarsi troppo basta andare in Via Indipendenza) ? Quelli che mendicano suonando la fisarmonica ogni giorno a qualsiasi orario ce l'hanno il permesso di pubblico spettacolo e il permesso di suonare sempre ?

Quando avevamo Cofferati come sindaco, egli pronunciò questa frase "Se Berlusconi ha Apicella, noi a Bologna abbiamo Beppe Maniglia, parola di sindaco".
Ed oggi cosa è cambiato rispetto ad allora?  Allora ce la tiravamo per avere Beppe Maniglia e oggi lo multiamo. Non è un paradosso ?

domenica 16 marzo 2014

Ricetta: RAGU' BOLOGNESE

ragù
Non potevo non includerlo tra ciò che faccio tradizionalmente in casa: il ragù bolognese.
Ho letto spesso che "oramai i bolognesi non fanno più il ragù"; dissento da questa affermazione. Nella cerchia delle mie conoscenze la tradizione resiste, poi magari è chiaro che, essendo ipercalorico, non lo facciamo tutti i giorni o tutte le settimane, ma è altrettanto chiaro che non usiamo il vasetto di ragù pronto: questo MAI !
La ricetta originale è depositata presso la Camera di Commercio e la si trova ovunque nel web, ma ovviamente ogni famiglia ha la propria tradizione.
Nella mia famiglia ad esempio, non si è mai usato l'olio di oliva, bensì quello di semi con aggiunta di burro; né abbiamo mai aggiunto il vino.
Di sicuro ci sono un paio di cose che credo siano condivise da chiunque:
1) il ragù necessita di tanto tempo; deve stare a fiamma bassissima per almeno 4-5 ore. Solo così i sapori si misceleranno al meglio tra di loro
2) che nessuno offra mai ad un bolognese DOC gli spaghetti con il ragù (tranne che a quel traditore di mio figlio che ogni tanto se li fa). Orrore! Perfetti tagliatelle e penne, ma va bene qualsiasi pasta, purché non siano spaghetti, per cortesia no.
Comunque nella mia famiglia il ragù si fa così.

sabato 15 marzo 2014

RICICLO SCAFFALATURA

decoupage scaffaleBeh, quando ho realizzato questo lavoro ero particolarmente festosa ! Ho anche un po' esagerato in quel tripudio di fiori, ma ho impiegato ciò che giaceva inutilizzato.
Avevo ereditato una piccola scaffalatura in ferro, un bel po' arrugginito e ho deciso che era perfetta per essere trasformata in una piccola serra da tenere sul terrazzo.
Carteggiata e riverniciata la struttura, ho verniciato le assi di legno e le ho decorate con uno stencil: per la verità non è una tecnica che amo più di tanto, ma era perfetta e soprattutto pratica per quell'esecuzione.
Avevo poi dei fiori artificiali, pure quelli ereditati, che non amo per nulla, ma che potevano essere utilizzati per rendere ancora più allegra la mia scaffalatura e così li ho infilati nei montanti laterali. 
Ho pure esagerato, ma l'ho detto, evidentemente ero nel periodo dell'esagerazione, dell'opulenza, forse un po' troppo barocca.
Poiché era sprovvisto dell'ultimo ripiano di legno, ho recuperato una cassetta (di quelle dei fruttivendoli), l'ho dipinta mantenendo i colori viola predominanti ed ecco fatto l'ultimo ripiano.

In primavera ed estate accoglie vasi che godono dell'ombreggiatura del tendone, mentre per l'inverno ho comprato una di quelle coperture in PVC (l'ho comprata a poco prezzo da Leroy Merlin) e accoglie tutti i miei vasetti di semina per l'orto. 
Piaccia o non piaccia è utilissima, prende poco spazio e assolve egregiamente i suoi compiti  e ancora una volta ho salvato qualcosa che era destinato al bidone dell'immondizia.